Scappare e nascondersi per salvarsi


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Gazzetti2

Collesalvetti (Livorno)- 13,47 “Mi chiamo Austen, ho 20 anni, vengo dalla Nigeria e sono qui in Italia con mia moglie Victoria. Sono nato in una famiglia composta da sette bambini, sei bambini maschi e una femmina, ed io ero il più grande di loro. Io e mia moglie ci siamo sposati giovanissimi e siamo andati subito a convivere in casa dei miei genitori, tutti insieme eravamo una famiglia felice. Mio padre era il presidente della comunità Imigue Osiage in una città nell’Edo State, alcuni anziani lo amavano mentre altri no e per questo andava in giro seguito da alcuni agenti. Durante una crisi della comunità, molte case vennero bruciate, ci furono molti scontri ed io fui colpito alla gamba da un colpo di arma da fuoco. Scappai nella foresta, per nascondermi e restai li per 3 giorni senza cibo e cure mediche. Rientrai in città per cercare mia moglie che era incinta e la mia famiglia. Fu difficile per me ritrovarli e nel frattempo la polizia mi prese e mi portò in ospedale dove mi furono prestate cure mediche e dove ricevetti la notizia che mio padre era morto e che erano state sequestrate tutte le nostre proprietà con la complicità di mio zio, il quale voleva prendere il posto di mio padre. Scappai dalle rappresaglie guidate da mio zio, nel frattempo mio fratello Daniel era stato rapito e la polizia nigeriana non poteva farci niente. Decisi, quindi, che la Nigeria non era più un posto sicuro per me e mia moglie e provammo così a trasferirci temporaneamente in Gambia sperando che la situazione tornasse calma, ma non fu così. Dopo diverso tempo ci trasferimmo in Libia. Mia madre, i miei fratelli ed i miei 2 figli invece si trasferirono sempre in Nigeria, ma lontano dalla citta di Benin per scappare dalla persecuzione. La Libia è un paese molto pericoloso, c’è molta violenza e criminalità. Appena arrivati fummo derubati di tutti i nostri averi. Per due anni e otto mesi ho lavorato come muratore costruendo case, con l’obiettivo di raccogliere circa 700 euro, i soldi che ci occorrevano per pagare il nostro viaggio in Italia.

Durante questo duro periodo mia moglie restava chiusa in casa per paura di essere assalita. Siamo arrivati in Italia via mare, sul nostro gommone eravamo in 130 e avevamo tanta paura. Dopo due giorni di viaggio senza cibo e senza acqua abbiamo incrociato una nave militare che ci ha salvato trasportandoci a Lampedusa. Adesso siamo qui a Collesalvetti con la speranza di avere un’opportunità di vita migliore.”

 

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