Welfare, la Toscana cambia prospettiva e introduce un modello “circolare”


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Prima Regione a presentare una proposta di legge sul welfare generativo 

Chi riceve un intervento sociale non è più solo un soggetto debole ma diventa protagonista attivo, mettendo le proprie capacità al servizio della collettività.  La norma arriva in Commissione sanità grazie al consigliere Enrico Sostegni, che ha trasposto in un testo di legge regionale la proposta elaborata dall’Istituto Dirpolis della Sant’Anna di Pisa e dalla Fondazione E. Zancan di Padova.

E’, prima di tutto, un cambio di paradigma e di prospettiva: da una concezione verticale ad un modello circolare, in cui il cittadino che ha bisogno di un intervento sociale non è più solo un soggetto debole ma può decidere di mettere le proprie capacità al servizio della collettività, contribuendo così alla sua rigenerazione.

È il cosiddetto “welfare generativo”: un modello di welfare elaborato dalla Fondazione Zancan – centro di studio, ricerca e sperimentazione che opera da oltre cinquant’anni nell’ambito delle politiche sociali, sanitarie, educative, dei sistemi di welfare e dei servizi alla persona – che la Regione Toscana ha previsto nel Piano sanitario e sociale integrato approvato lo scorso ottobre e che adesso si appresta ad essere codificato in una norma regionale.

A presentarne a Firenze in una conferenza stampa gli aspetti principali sono stati il consigliere regionale Enrico Sostegni (Pd), primo firmatario di una proposta di legge (“Disposizioni per favorire la coesione e la solidarietà sociale mediante azioni a corrispettivo sociale”) che proprio oggi inizia il percorso in Commissione sanità, e le ricercatrici Elena Vivaldi, Istituto Dirpolis della Scuola Sant’Anna di Pisa, ed Elena Innocenti, Fondazione E. Zancan di Padova.

«L’idea principale che ci ha mosso – spiega il consigliere Sostegni – è quella di spezzare la concezione “prestazionistica” del welfare tradizionale fondato sulla redistribuzione delle risorse raccolte, in cui chi riceve una prestazione o un aiuto è di fatto l’anello più debole. In questo nuovo modello, chi richiede un intervento sociale diventa un soggetto attivo, con delle risorse e delle capacità che può mettere a disposizione di tutti».

Il welfare generativo prevede in concreto un innovativo percorso di partecipazione della persona al sistema di welfare regionale, costituito dal coinvolgimento del soggetto beneficiario di un intervento pubblico, il quale volontariamente può realizzare azioni a vantaggio della collettività, denominate “azioni a corrispettivo sociale”, quale espressione del principio di solidarietà sociale.

«Al centro c’è il coinvolgimento attivo e responsabile della persona, al fine di restituire alla società, sotto altra forma, quello che ha ricevuto attraverso gli interventi sociali di cui ha beneficiato. Ad esempio, chi riceve una prestazione socio-sanitaria finalizzata al miglioramento di una condizione di bisogno o difficoltà, un ammortizzatore sociale in caso di perdita del lavoro o un intervento di sostegno al reddito potrà dare il proprio contributo  in maniera volontaria attraverso azioni in vari settori, dall’assistenza sociale alla difesa dell’ambiente, dalla cultura all’istruzione, dalla lotta alla discriminazione alla protezione civile», aggiunge il consigliere.

Al rendimento economico e sociale delle azioni a corrispettivo sociale, a favore dell’intera collettività, si somma il beneficio del singolo soggetto coinvolto, il quale è chiamato, in questo modo, a valorizzare le proprie risorse e capacità, a rafforzare i legami sociali, a partecipare alla vita sociale.

«In quest’ottica – conclude Enrico Sostegni – la persona che beneficia di un intervento di welfare si colloca attivamente al centro delle politiche sociali regionali ed è direttamente coinvolta nella comunità sociale che essa stessa contribuisce a rigenerare».

Chi può partecipare

La legge definisce chi sono gli individui che possono partecipare a questo percorso circolare di inclusione e solidarietà, ovvero i beneficiari di misure quali: interventi finalizzati a rimuovere e superare condizioni di bisogno e difficoltà della persona, di cui alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 40 (Disciplina del servizio sanitario regionale) e alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale); interventi di politica attiva del lavoro, di cui alla legge regionale 8 giugno 2018, n. 28 (Agenzia regionale toscana per l’impiego “ARTI”. Modifiche alla l.r. 32/2002. Disposizioni di riordino del mercato del lavoro); ammortizzatori in deroga erogati ai sensi della deliberazione di Giunta regionale del 31 luglio 2017, n. 842; ogni altro intervento di sostegno al reddito di carattere continuativo che sia posto in essere dall’amministrazione regionale, anche in via sperimentale.

Le azioni a corrispettivo sociale ed il ruolo della Regione e dei comuni

Tali destinatari potranno, in maniera volontaria e gratuita, realizzare delle “azioni a corrispettivo sociale” (ACS) in determinati settori di intervento quali la tutela della salute e l’assistenza sociale, la valorizzazione dell’ambiente e dell’ecosistema, la valorizzazione della cultura, l’educazione e l’istruzione, l’inclusione sociale, le pari opportunità ed il superamento di ogni forma di discriminazione, il sistema della protezione civile. Le proposte di azione attivabili saranno iscritte in un apposito registro gestito e aggiornato, nell’ambito delle zone distretto, dai comuni (singoli o associati) o dalla Società della salute.

La Regione, definendo in sede di programmazione i criteri generali e le linee di indirizzo delle strategie di welfare generativo, sarà quindi al centro di un sistema che vedrà coinvolti numerosi soggetti come i Comuni, che avranno funzione di promozione, regolazione, monitoraggio e valutazione delle ACS, gli enti del terzo settore, compresi anche gli enti religiosi, i cittadini associati, ogni altro ente pubblico o privato che intenda promuovere azioni a corrispettivo sociale.

«La ricerca in tema di welfare generativo realizzata in questi anni dalla Fondazione Zancan e dall’Istituto Dirpolis – commentano le ricercatrici Elena Vivaldi ed Elena Innocenti – ha avuto tra i propri obiettivi anche quello di provocare l’interesse di amministrazioni regionali, nel proporsi come apripista nella definizione e sperimentazione di nuove soluzioni di welfare, fondate non solo sulla raccolta e redistribuzione delle risorse, ma anche sulla loro messa a rendimento e rigenerazione, attraverso la responsabilizzazione delle persone coinvolte. Gli studi realizzati hanno dimostrato come superare gli strumenti e gli approcci tradizionali sia possibile tecnicamente, ma richieda una scelta culturale e istituzionale orientata all’innovazione, pienamente esercitabile all’interno del quadro legislativo e costituzionale vigente. Siamo liete che le istituzioni toscane abbiano fatto propria questa impostazione, e auspichiamo che la proposta di legge possa avere piena attuazione».

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