Commissione Monte dei Paschi, Marras (Pd): “Non è emerso niente di nuovo, nostro compito è dare giudizio politico”


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L’intervento del capogruppo del Pd in Consiglio regionale e vice presidente della Commissione d’inchiesta su Mps alla conferenza stampa per presentare le relazioni finali.

Marras Leonardo «Un lungo lavoro di ascolto studio, ma niente di nuovo, niente che non fosse già stato scritto in libri, articoli e blog. Abbiamo solo avuto il “merito” di raccogliere in un quadro completo tutti gli elementi, cosa che ci ha consentito di svolgere il nostro unico compito, che non poteva che essere quello di esprimere un giudizio politico».

Lo ha detto Leonardo Marras, capogruppo del Pd in Consiglio regionale e vice presidente della Commissione d’inchiesta su Mps, intervenendo questa mattina in conferenza stampa per la presentazione delle due relazioni.

Marras ha illustrato, sinteticamente, i contenuti della relazione di maggioranza (votata dal Pd e che ha ricevuto il voto di astensione di tutti gli altri commissari) ed è partito citando un breve passo dell’introduzione: «’Monte dei Paschi di Siena’, banca fondata nel 1472”, è scritto su tutte le insegne delle filiali che si trovano in ogni angolo della nostra regione. La vicenda che riguarda la gestione della banca in particolare degli ultimi venti anni, la storia di una città che si è identificata per secoli con la sua banca, la politica che l’ha posseduta da sempre, la presunzione del potere dell’era contemporanea, l’avventurismo e la dissoluzione di un patrimonio enorme, i grandi interessi locali e internazionali spesso sconosciuti, forse oscuri e poi l’impatto nell’economia toscana e italiana della crisi di una grande banca nella più grave crisi economica e finanziaria che si sia conosciuta. Un cocktail esplosivo le cui responsabilità saranno decretate dalle sentenze dei tribunali e più probabilmente dalla storia. Storia che non è ancora finita, con il travaglio e le fragilità attuali, alla ricerca di soluzioni che rimettano in pista con presupposti diversi l’azienda più importante della Toscana».

«Il nostro quindi – ha spiegato Marras – è stato un giudizio severo, più asciutto rispetto a quello espresso nell’altra relazione, ma, crediamo, strettamente attinente al nostro ruolo. E volevamo anche mettere in evidenza che era giusto esprimere un punto di vista, un giudizio politico del Pd, che mai come in passato è stato così netto e chiaro. Le responsabilità del disastro che ha portato a dilapidare un patrimonio immenso, quello della banca, costruito attraverso secoli di storia, sono com’è noto attribuibili a più parti. Le operazioni di finanza spericolata e l’acquisizione di Antonveneta sono frutto di un management di sicuro non all’altezza sul quale sta continuando a lavorare la magistratura. Vi sono poi responsabilità politiche a partire, ma non solo, dal Pd. Senza poi dimenticare la difesa della “senesità”, che è questione che viene molto da lontano, come testimoniato anche dalla rivolta di due “fascistissimi” podestà che si opponevano alla riforma bancaria di Mussolini. Questa difesa è durata fino a pochi anni fa ed è stata trasversale a tutte le forze politiche della città, tant’è vero che nel programma elettorale per le comunali del 2011 tutti i partiti mettevano al primo posto la questione del controllo senese della banca. Ma è doveroso attribuire la giusta dose alle responsabilità locali, visto che si tratta di una grande banca, per cui l’intreccio con i livelli nazionali dei mondi economici e finanziari era forte e presente. Come ha detto qualcuno degli auditi: si è trattato di un corto circuito tra forte radicamento locale e un’internazionalizzazione spensierata dei manager. Tutto ciò – ha proseguito Marras – è avvenuto in un contesto di vero e proprio sistema di consociativismo, che quindi ha riguardato tutti e che ha avuto il suo passaggio “perverso” con l’avvento della legge sull’elezione diretta del sindaco, quando a partire dal sindaco Piccini, il controllo delle istituzioni e quindi della politica sulla banca si fa più stringente.  Da lì in avanti c’è stata una vera e propria ostinazione nel voler mantenere a tutti i costi il 51% delle azioni della banca da parte della Fondazione anche quando non vi erano più le condizioni storiche e di mercato. Siamo arrivati al palindromo con la virgola, dal 51% al 1,5% attuale, senza più alcuni potere e con un patrimonio ridotto ai minimi termini. La discontinuità che ha prodotto i cambi ai vertici e che ha portato, tra gli altri, la nomina di Mansi che ha salvato la Fondazione – ha affermato il capogruppo Pd –  è avvenuta troppo tardivamente».

«Oltre al passato, anche il futuro: il dibattito attuale intorno alla banca non può concludersi, come qualcuno auspica, tornando a ricette del passato, chiedendo la nazionalizzazione del Monte. Noi crediamo che le strade siano altre: fuori la politica dalle banche, decida il mercato. Il nostro compito, adesso, deve essere un altro: pensare alle sorti della prima azienda della regione e dei suoi oltre 27mila dipendenti. Pensando al ruolo che avuto in passato la banca anche nei confronti del credito all’impresa, anche grazie al quale la Toscana è diventata la quarta regione industriale del paese e in questo quadro riflettere sugli strumenti che abbiamo oggi, a partire da Fidi Toscana. E, infine, – ha concluso Marras – dobbiamo pensare a Siena, che fino a pochi anni fa era “autosufficiente” proprio grazie alle straordinarie risorse riversata da Mps e che oggi non lo è più e deve essere ricompresa a pieno titolo nelle politiche regionali».

 

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