Il Consiglio regionale della Toscana, per la prima volta nella sua storia, ha discusso e approvato una proposta di legge d’iniziativa popolare.
La proposta, presentata dall’associazione Luca Coscioni, è stata ampiamente dibattuta in Commissione Sanità e politiche sociali, anche con il contributo di diversi soggetti esterni che hanno partecipato alle audizioni. Al termine di questo iter, la Commissione ha discusso e approvato diversi emendamenti che hanno modificato profondamente il testo originario e sostanzialmente trasformato la proposta in una norma procedimentale e di attuazione delle sentenze della Consulta1, con l’obiettivo di dare una risposta ai rilievi di costituzionalità e legittimità.
Sempre con gli emendamenti, poi, è stata introdotta una prestazione aggiuntiva (“extra Lea”), ovvero un intervento a carico del servizio pubblico, finora non previsto. Ad oggi, infatti, verificate le condizioni essenziali, la persona veniva lasciata sola nella ricerca del medico e nel reperimento e pagamento dei farmaci; con questa norma tutto ciò sarà compito del sistema sanitario regionale.
La legge toscana, infine, garantirà un trattamento eguale ed omogeneo in tutte le aziende sanitarie che, ad oggi, si approcciavano diversamente alla questione.
Domande e risposte
Ma può una singola Regione normare queste materie che attengono ai diritti e all’etica?
La legge toscana non interviene nell’ambito del riconoscimento del diritto, cioè sulla sussistenza delle condizioni per accedere al cosiddetto suicidio assistito. Cosa che, invece, ha fatto la Corte Costituzionale, rendendolo omogeneo su tutto il territorio nazionale. La legge detta norme a carattere organizzativo, con cui è regolato l’esercizio delle funzioni che la giurisprudenza costituzionale attribuisce alle aziende sanitarie.
Ma è una forma di autonomia differenziata?
L’autonomia non c’entra nulla! La Regione detta una disciplina strettamente attuativa della giurisprudenza costituzionale in materia di suicidio medicalmente assistito, nell’esercizio delle proprie competenze. I requisiti del diritto li ha stabiliti la Corte e sono uguali in tutta Italia, l’autonomia differenziata su questo tema lo permetterebbe.
Ma questa legge costituirà un “incentivo” e una semplificazione per chi vuole ricorrervi?
Assolutamente no! Nessuna scorciatoia, non ci sarà nulla di automatico. Viene istituita una Commissione multidisciplinare permanente per la verifica della sussistenza dei requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito nonché per la verifica o definizione delle relative modalità di attuazione. La Commissione sarà composta da: un medico palliativista; un medico psichiatra; un medico anestesista; uno psicologo; un medico legale; un infermiere.
Ma le cure palliative?
La Commissione verifica in via preliminare che il richiedente abbia ricevuto una informazione chiara e adeguata sulla possibilità di accedere ad un percorso di cure palliative. Il richiedente è altresì informato del suo diritto di rifiutare o revocare il consenso a qualsiasi trattamento sanitario, anche di sostegno vitale, e della possibilità di ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua.
Noi pensiamo che le cure palliative debbano avere un posto di rilievo nei percorsi di assistenza. I dati* oggi ci dicono che la Toscana investe in questo settore e sta ulteriormente potenziando sia le cure palliative che i posti letti negli hospice. Gli stessi dati, però ci dicono che solo il 50% di questi posti letti è attualmente occupato. Questo vuol dire che bisogna fare più informazione e fare in modo che queste opportunità non siano utilizzate solo dai malati oncologici.
* Per quanto riguarda le unità cure palliative si è passati da 26 nel 2023 a 30 nel 2024 con un incremento del 15 per cento. I posti letto in hospice per pazienti adulti nel 2023 erano 185 e sono passati a 206 nel 2024, con un incremento di 21 unità. Nel 2024 è cresciuto anche il numero di assistiti dalle cure palliative, passando dai 7897 pazienti del 2023 agli 8400 del 2024 (+6,4%). Sono stati invece 4167 i pazienti complessivamente assistiti in hospice, residenziale e semiresidenziale: 371 in più rispetto all’anno precedente (+9,8%).
Ma con questa legge obbligherete i sanitari a praticare il “fine vita”?
Assolutamente no! Per la giurisprudenza nazionale il paziente deve essere in grado di somministrarsi il farmaco autonomamente e volontariamente, senza l’intervento diretto di un’altra persona. L’elemento discriminante per parlare di suicidio assistito è l’auto-somministrazione del farmaco.
Medici e sanitari potranno, in ogni caso, fare obiezione di coscienza.
Ma perché proprio la Toscana?
Ripetiamo: questa non è una legge che sancisce un diritto ma che ne regola l’applicazione. Una normativa che viene da una proposta d’iniziativa popolare, che il Consiglio regionale era tenuto a valutare. Potevamo scegliere di bocciarla. Ma questo non avrebbe impedito a nessuno di esercitare il diritto che le sentenze della Corte Costituzionale hanno determinato. Solo che lo avrebbero fatto in condizioni di disparità e diseguaglianza, dovendo cercarsi un medico e i medicinali, pagandoli.
Su questo, sì, è vero: proprio la Toscana. Una terra da sempre sensibile ai temi della dignità umana.
1 La Corte costituzionale è intervenuta con la sentenza 242/2019, immediatamente eseguibile, con la quale è stata individuata una circoscritta area in cui l’incriminazione per aiuto al suicidio, ex articolo 580 del codice penale, non è conforme a Costituzione, corrispondente segnatamente ai casi in cui l’aspirante suicida si identifichi in una persona “(a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
Peraltro, con la sentenza 135/2024 la stessa Corte ha evidenziato come non possa esservi “distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può pretendere l’interruzione, e quella del paziente che, per sopravvivere, necessiti, in base a valutazione medica, dell’attivazione di simili trattamenti, che però può rifiutare”;
La Corte costituzionale richiama espressamente la legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) la quale prevede che il paziente può già decidere di lasciarsi morire chiedendo l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sottoposizione a sedazione profonda continua, che lo pone in stato di incoscienza fino al momento della morte. Decisione che il medico è tenuto a rispettare;
Inoltre, nell’ambito della sentenza 242/2019, i giudici costituzionali hanno ritenuto che la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio e delle relative modalità di esecuzione debba restare affidata, in attesa dell’intervento legislativo, a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale, e che a tal fine debba essere acquisito il parere del comitato etico territorialmente competente. Ciò in linea con quanto già stabilito in precedenti pronunce, relative a situazioni analoghe.