I segni e i sogni di Iamine


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FullSizeRenderFirenze 12.20 – lamine è nata in Senegal nel 1979, a dire il vero Iamine non è il suo vero nome e del suo passato non posso raccontarvi molto più, probabilmente non riuscirò neanche a trasmettervi la forza e il coraggio che questa donna e la sua storia mi hanno regalato, perché c’è una strada che va dritta dagli occhi al cuore senza passare per l’intelletto, ma è giusto che io ci provi perché è #lacosagiusta. Mi accompagna nella visita Sara Funaro, assessore del Comune di Firenze che di accoglienza si occupa giornalmente con passione e competenza.  

Il passato di Iamine riappare improvviso quando poggia le mani sul tavolo, ha lasciato segni indelebili sul suo corpo, ma i suoi occhi sono pieni di speranza. Mi racconta del suo viaggio, Senegal, Tunisia, Libia, il Mediterraneo che ti porta quasi ad odiare l’infinito del suo mare, poi finalmente la Sicilia e l’Italia.

Mi parla dell’Italia con la stessa gioia con cui un bambino guarda al futuro. E come un bambino è determinata, in meno di 5 mesi parla già in un buono italiano. Come tutti frequenta i corsi obbligatori d’Italiano e grazie all’ottimo lavoro di Oxfam Italia e del Quartiere 5, frequenta anche corsi e occasioni d’incontro e formazione extra.

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All’improvviso si alza dal tavolo, ritorna dopo poco con un foglio, orgogliosa come chi ha preso 10 in matematica, mi mostra il suo permesso di soggiorno, il primo piccolo sasso su cui iniziare a costruire il suo futuro. Ora, mi dice, potrà finalmente iscriversi al centro per l’impiego, cercare un lavoro o seguire qualche corso di formazione professionale, nel frattempo però, vuole continuare a imparare l’italiano. I sogni sono fatti per volare alto, e rimango spiazzata quando mi dice che le piacerebbe fare la badante, la domestica, rendersi utile per qualcuno. Nel frattempo Iamine attende da quasi un anno di essere ascoltata dalla commissione che dovrà decidere se potrà o meno ottenere la protezione internazionale, dovranno giudicare la sua storia la sua vita. Andiamo in cucina per fare una foto, ci inonda un profumo di spezie, le ragazze stanno preparando il pranzo, il lento borbottio della pentola invita davvero a sedersi a tavola, le ragazze ci invitano a tornare per un “vero” pranzo Africano, perchè no! Lascio Iamine e le altre ragazze sulla porta, ci guardiamo, hanno meno paura di fare errori salutandomi in Italiano ma la cosa splendida del parlare con gli occhi è che non ci sono mai errori grammaticali.

Titta Meucci

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