Sanità, Nuova Legge Zone Distretto, Gli interventi in aula dei consiglieri Pd


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Oltre al presidente della commissione Scaramelli, sono intervenuti per il gruppo democratico Paolo Bambagioni, Enrico Sostegni e Nicola Ciolini

 

«Quando si parla di revisione degli ambiti territoriali, delle zone distretto – ha chiarito Paolo Bambagioni, vicepresidente della commissione sanità –  non significa parlare di una riduzione servizi ma, al contrario, significa migliorarli ed estenderli. Con questa nuova legge, finalmente, dopo 20 anni di discussioni, a volte anche teoriche, possiamo dare uno strumento per rafforzare la presenza della sanità toscana sui territori, carenza che era uno dei limiti del sistema. Perché abbiamo grandi strutture di eccellenza negli ospedali, ma sul territorio a volte siamo approssimativi, non legati a un disegno ordinatorio. La commissione ha svolto un buon lavoro, prevalentemente politico, facendo una scelta netta: ha assunto il modello delle Società della Salute, come unico modello da seguire nei prossimi anni. Chi andrà verso questa linea, lasciando i consorzi che si sono rivelati strutture precarie, verrà premiato con incentivi importanti. Ora i direttori generali delle Asl, non avranno più “alibi”, perché finalmente ci saranno i direttori dei distretti che li coadiuveranno nelle politiche sul territorio. In generale, si tratta di un percorso che richiede assunzione di responsabilità e, da parte nostra, un controllo puntuale.  C’è ancora molto da lavorare, dovremo dare un’indicazione ai direttori generali di distretto di seguire le esperienze migliori che si sono prodotte in Toscana. Ora c’è un indirizzo politico chiaro – ha concluso Bambagioni – perché sgombriamo il campo da ogni equivoco o carenza organizzativi».

«Questa riforma tra i tanti aspetti importanti – ha detto Enrico Sostegni – ha quello di offrire un disegno completo delle politiche sociosanitarie. Ci siamo detti per anni che gli ospedali sono i luoghi degli “acuti”, e ciò significa che lì non ci devono stare le cronicità, né le risposte a problemi sociali, né i “fine vita”: tutto ciò deve stare sul territorio. Il territorio è l’elemento fondamentale della riforma, è sui territori che si deve fare l’integrazione tra servizi sanitari e sociali. Per farlo abbiamo bisogno di ridefinire la nostra organizzazione. Attualmente abbiamo zone anche di 17mila abitanti e si capisce bene che così non possono svolgere le funzioni alle quali sono chiamate. Ma sia chiaro, la nuova zonizzazione non è la dislocazione dei servizi, ma una diversa articolazione e nuove modalità di gestione. Abbiamo fatto un lavoro con i comuni, attraverso la concertazione con Anci Toscana: c’era una proposta originaria, abbiamo svolto un confronto e l’abbiamo modificata. Le zone più piccole, ora, sono di 50mila abitanti, e non mi pare si tratti di macrozone. Inoltre, abbiamo fatto chiarezza sulla natura giuridica delle Sds, sul tipo di contratto, sul concetto di ente locali più ampio di quello di Comune, abbiamo risolto una serie di problemi che nelle audizioni erano stati sollevati. Altro aspetto fondamentale: diamo la responsabilità della gestione dei servizi sul territorio ai sindaci e nel contempo diamo loro uno strumento con risorse e autonomia».

«Le cure intermedie, la vicinanza e la prossimità con il cittadino, l’esigenza di un maggiore ruolo di governo dei comuni, sono tutti temi presenti nella riforma che andiamo ad approvare – ha detto Nicola Ciolini, replicando agli interventi di un consigliere M5S  –  La nostra Regione è da anni ai massimi livelli nelle graduatorie nazionali e noi abbiamo deciso di continuare a cambiare per mantenerci a questi alti livelli. La legge che approviamo oggi non riduce in alcun modo i punti di servizio, ma ne rivede l’organizzazione complessiva. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità dei servizi e che essi siano uguali per tutti i cittadini della nostra regione. E, cosa importante, Che siano i sindaci ad avere le responsabilità e i poteri di scegliere come gestire i servizi sul territorio. La Sds, per la mia esperienza personale a Prato, ha funzionato bene, ha visto una buona integrazione dei territori e certamente può rappresentare un modello per i prossimi anni. Noi ci assumiamo la responsabilità di questa scelta, dopo aver ascoltato ed esserci confrontati, dopo aver trovato le opportune mediazioni. A questa nostra scelta, a questo nostro modello di organizzazione, non è stata presentata alcuna proposta alternativa da parte di chi non la condivide. E, in ogni caso oggi diamo vita al completamento della riforma, in meno di due anni, concludendo un percorso che non potrà che migliorare il servizio sanitario toscano».

 

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