«Ma l’approccio sanitario è vecchio»


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Intervento di Lucia Matergi pubblicato oggi da Il Sole 24 Ore Sanità

La salute di genere tra le priorità del sistema sociosanitario della Regione Toscana: un buon segnale di attenzione alle donne e all’ appropriatezza di cura rispetto ai bisogni crescenti di salute delle nostre stressate comunità. Bisogni sanitari e sociali insieme, che richiedono pertanto un approccio fortemente integrato, per cui la tenuta del sistema si misura non solo sulle azioni previste, quanto sulla capacità di interazione tra gli ambiti sanitario e sociale. E se il principio dell’integrazione è valido in generale come garanzia di efficacia, ancora di più deve diventarlo nell’ambito della salute di genere, un concetto che ne amplifica il senso e ne raddoppia il segnale. Se si parla di salute, infatti, ormai è consolidata la definizione dell’OMS cioè che essa consiste in uno stato di benessere non solo fisico ma psichico e sociale. Aggiungendo la determinazione “di genere”, per antonomasia femminile (anche su questa accezione escludente ci sarebbe da discutere), è evidente che il determinante sociale acquisisce un ruolo decisivo e l’impegno verso la rimozione degli agenti di dipendenza, a partire da quella economica, diventa la cartina di tornasole non solo dell’efficacia degli interventi di cura, quanto dell’effettiva volontà di azione incisiva. La Regione Toscana decide di assumere il tema come priorità rinunciando ad un approccio innovativo, anzi riportando la questione nei vecchi termini di sanità come vero asse portante della salute. Si tratta di una decisa virata sulla linea della sanitarizzazione, tanto che le uniche indicazioni operative riguardano le strutture ospedaliere, gli operatori e gli interventi sanitari.

Cosa sempre utile, ma sul solco di quanto le donne della Toscana sanno e fanno, visto che di norma più dei loro partners si sottopongono a screenings, accettano le terapie, si curano, insomma, se per cura si intende la strada breve per risolvere lo stato di impedimento fisico allo svolgimento dei compiti culturalmente loro assegnati, a partire dalla cura degli altri. Se le percentuali della cronicità pendono dalla parte femminile, forse è un problema di attesa di vita, ben più lunga nella donna, che per questo è più soggetta alle malattie tipiche dell’età avanzata. Una delibera impropria, dunque? Certamente no, se anche l’OMS prescrive l’attenzione alla salute delle donne per ridurre le disuguaglianze di genere. Io credo che iniziare dalle misure per ridurre le disuguaglianze sarebbe il percorso corretto per parlare di salute. Il suggerimento politico è quello di dare forza ai modesti accenni in tal senso contenuti nella delibera, per segnare un cambio di passo nella concretezza. Di questa le donne non solo toscane hanno bisogno.

Lucia Matergi

Consigliera PD Regione Toscana- IV Commissione “Sanità e Politiche Sociali”

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